La chirurgia del seno richiede una programmazione particolarmente accurata dell’intervento più adatto per ogni paziente. Dopo aver espresso i propri desideri, ogni candidata partecipa col chirurgo alle scelte che porteranno al risultato finale e viene accuratamente informata su tutti gli aspetti tecnici e le possibili complicanze. Una completa informazione è fondamentale data l’evolutività che un intervento al seno può avere nel tempo in caso di gravidanze/allattamenti e considerato il normale invecchiamento delle mammelle. Inoltre il seno è un organo particolarmente delicato che richiede opportuni accertamenti di screening pre operatorio per avere la ragionevole certezza di lavorare in sicurezza.
Privilegiamo in ogni caso risultati naturali e proporzionati al fisico della paziente. Non scendiamo a compromessi sui materiali impiegati scegliendo solo impianti dei migliori produttori (Allergan® e Mentor®) che offrono elevate garanzie di qualità.
Da quello che descrive il fenomeno che ha osservato si chiama folding e consiste nella visibilità e/o palpabilità di un piccola piega lungo il profilo della protesi che si manifesta più spesso nella parte inferiore dell'impianto. Il folding può essere un fenomeno naturale che si manifesta negli anni (soprattutto per protesi con gel di silicone poco coesivo, molto morbide) ed è dovuto all'assestamento verso il basso dell'impianto che si "rilassa" e può fare una piccola ripiegatura. In altri casi il folding può essere accentuato o causato da una contrattura capsulare. Il folding è sempre più visibile in pazienti molto magre dove la copertura di grasso sottocutaneo è scarsa.
Cosa fare? Se il folding è lieve (solo palpabile) e le mammelle si presentano complessivamente belle, non c'è da preoccuparsi e non serve fare alcun tipo di trattamento. Nei casi in cui il folding sia più grave ovvero visibile e palpabile è possibile coprirlo con una procedura di lipofilling. Nei casi in cui esista una contrattura capsulare è necessario un intervento di revisione con asportazione della capsula ispessita e sostituzione della protesi.
La mastopessi è certamente un intervento il cui risultato può cambiare nel tempo a prescindere da qualsiasi condizione esterna e ciò dipende soprattutto dall'elasticità della pelle, dall'età della paziente e dal volume (e peso) delle protesi, se si tratta di mastopessi additiva. La gravidanza e l'allattamento è poi una ulteriore condizione di rischio di cambiamento per la mammella, anche quella mai sottoposta ad alcun intervento chirurgico. L'aumento di peso e volume del seno, specie durante l'allattamento, può portare a sviluppare smagliature o discesa precoce del seno. E' bene comunque sottolineare come questi ultimi cambiamenti siano comunque fenomeni naturali che interessano tutte le mammelle, anche quelle mai operate.
Ogni intervento di chirurgia plastica richiede un tempo di attesa ragionevole per poterne valutare il risultato che corrisponde al tempo minimo per una guarigione completa ovvero 30 giorni. L'aspetto delle cicatrici può però richiedere tempistiche molto più lunghe fino a 18 mesi come spiegato in questo articolo.
Per quanto riguarda l'intervento di mastopessi, l'attesa minima è di almeno 3 mesi poiché la mammella subisce un normale assestamento gravitazionale solo nel medio periodo che le fa raggiungere la forma desiderata nel tempo.
La risposta alla domanda è piuttosto articolata e dipende da una serie di fattori. La condizione che descrive si chiama "sieroma" peri protesico e consiste nell'accumulo di siero (acqua) attorno alla protesi. E' una complicanza poco frequente che in assenza di altre problematiche come febbre, dolore, rossore o grande rigonfiamento della mammella non deve preoccupare. Se l'accumulo di liquido è esiguo (quindi la falda è sottile) si può tranquillamente attendere l'eventuale riassorbimento spontaneo che può richiedere anche alcune settimane e una terapia anti infiammatoria di supporto. Per sieromi voluminosi, nel caso in cui siano state utilizzate protesi macro testurizzate, è necessario procedere alla aspirazione eco guidata di un campione di siero e successivo esame citologico per escludere la presenza di un LIFOMA ANAPLASTICO A GRANDI CELLULE, tumore riscontrabile in alcuni rari casi associato ad una mastoplastica additiva, ben curabile ma che richiede una terapia chirurgia e medica specifica. Nel caso in cui l'esame citologico sia negativo (assenza di patologia) si può anche in questo caso attendere e osservare la situazione, sempre se siamo in assenza di altre problematiche. Per sieromi voluminosi, fastidiosi o che comportano una alterazione della forma della mammella conviene procedere ad una revisione chirurgica che consiste nella sostituzione della protesi e rimozione della capsula (o doppia capsula) peri protesica. Quasi mai la sola aspirazione risolve il problema.
Si capisce bene come la situazione richiede una valutazione e un monitoraggio specialistico per la migliore gestione.
L'intervento di mastoplastica additiva, con opportuni accorgimenti tecnici (posizionamento retro ghiandolare) si può ben adattare anche a chi pratica body building a livello intenso. Dopo circa 20-30 giorni dall'intervento sarà possibile riprendere completamente le usuali attività sportive. Per gli esercizi della metà inferiore del corpo sarà possibile riprendere normalmente mentre per la parte superiore (braccia, pettorali) si riprenderà con una gradualità di alcune settimane, per arrivare alla fine a pieno regime.
In alcuni casi dopo una riduzione mammaria, il tessuto ghiandolare residuo, comunque presente, potrebbe ipertrofizzarsi nuovamente con ricrescita del seno. Ciò avviene di solito in risposta alla stimolazione ormonale. In altri casi, se non viene mantenuto un peso corporeo controllato, il grasso che compone la mammella (anchesso sempre presente in qualche misura) potrebbe crescere. La cosa importante quindi dopo lintervento di riduzione è mantenere un peso corporeo adeguato con una dieta appropriata e lattività fisica e sottoporsi a controlli periodici dal proprio chirurgo. In alcuni rari casi di recidiva potrebbe essere necessario ridurre il seno con un nuovo intervento.
Generalmente l'intervento per il capezzolo introflesso è piuttosto semplice e da risultati molto soddisfacenti. Per quanto possibile rispondere, le ipotesi in questo caso sono diverse.
L'intervento può essere stato eseguito correttamente ma alcuni punti interni hanno ceduto prima che il capezzolo guarisse correttamente e ciò può comportare la recidiva del problema. E' una circostanza rara, rarissimo che succeda da entrambi i lati.
La seconda possibilità è che l'intervento non sia stato eseguito correttamente e quindi la correzione fosse da subito insufficiente.
Esiste una terza possibilità nel caso in cui il capezzolo non partisse come introflesso ma come "non sviluppato" quindi piatto. In questo caso non è possibile una correzione con il classico intervento ma è necessaria una ricostruzione completa.
In un caso come questo la liposcultura è assolutamente da evitare. Il grave rischio è quello di ottenere una modica riduzione del seno a costo di una grave perdita di consistenza e tono della mammella con effetto cadente. Le riduzioni del seno, per dare un risultato davvero piacevole, richiedono non solo la riduzione del contenuto della mammella (ghiandola e/o grasso) ma, soprattutto, la riduzione della pelle e il sollevamento del complesso areola capezzolo per dare un miglioramento anche e soprattutto a livello di forma e tono della mammella. Qualsiasi altra tecnica può dare risultati molto scadenti.
Assolutamente no. Reperire una falda fluida attorno alla protesi è estremamente frequente e nella maggior parte dei casi del tutto normale. Attorno ad ogni protesi si forma come noto un rivestimento di tessuto connettivo detto CAPSULA. Tra la capsula e la protesi spesso si formano delle sottili falde fluide di siero, del tutto innocue. Questo reperto è più frequente con le protesi lisce e meno con quelle tesaurizzate.
La ginecomastia se viene trattata con una liposcultura comporta talvolta un gonfiore che può protrarsi per alcuni mesi ma si risolve spontaneamente. Purtroppo non si tratta di un versamento ovvero di un accumulo di liquido visibile che potrebbe quindi essere drenato ma si tratta invece di un ingorgo del micro circolo linfatico. Possono aiutare le guaine compressive da portare giorno e notte ed eventualmente dei massaggi linfo drenanti. Per il resto, un po di pazienza!
In linea di massima non è possibile fare un intervento di chirurgia estetica gratuitamente con la mutua. I rari casi possibili sono le malformazioni congenite gravi (per il seno), le insufficienze inalatorie e i traumi (per il naso), gli esiti di dimagrimento chirurgico per grave obesità (per il seno e il corpo).
Se le protesi mammarie sono state messe a scopo curativo per ricostruire ad esempio le mammelle dopo mastectomia per tumore, è possibile sostituirle in convenzione con il SSN e quindi a titolo gratuito. Nel caso in cui le protesi siano di esclusivo significato estetico e siano effettivamente rotte, non è possibile sostituirle con la muta. Lunica prestazione erogabile dal SSN è la semplice rimozione degli impianti, per mettere in sicurezza la paziente. In ogni caso, pur non rappresentando unurgenza assoluta, la rottura delle protesi mammarie necessita di una sostituzione o rimozione in tempi ragionevoli (3-6 mesi).
E' difficile capire con certezza cosa possa provocare il fastidio che riferisce anche perché un prurito è di difficile interpretazione soprattutto in una mammella che ha subito una mastectomia e dove quindi la sensibilità è molto compromessa. In questi casi conviene procedere con calma, senza fretta. E opportuno attendere qualche settimana eventualmente assumendo degli anti infiammatori o dei leggeri antistaminici. Di solito questi disturbi si risolvono spontaneamente nel tempo. Nel caso in cui il fastidio dovesse permanere si può procedere con un esame strumentale (una semplice ecografia) e una visita senologia.
Purtroppo non è facile dare un parere preciso senza una visita accurata. In termini generici si può comunque tranquillamente dire che dopo una mastoplastica additiva il seno ha all'inizio un aspetto un più pieno nella parte superiore. Le mammelle assumono una forma più naturale in un periodo che va dai 3 ai 6 mesi quindi a sole due settimane non si possono trarre conclusioni al 100%. Il posizionamento completamente retro muscolare accentua in modo particolare l'iniziale effetto "pieno in alto e vuoto in basso", a differenza di altri alloggiamenti come quello retro ghiandolare o parzialmente retro muscolare (dual plane). Per rispondere quindi alla domanda, se le mammelle non mostrano miglioramenti nel tempo le due possibili ipotesi sono 1) una trazione verso l'alto delle protesi dovuta ad inopportuni movimenti svolti nelle prime settimane e/o non aver indossato reggiseni modellanti specifici; 2) un mal posizionamento chirurgico.
L'intervento di mastoplastica additiva è perfettamente compatibile con la gravidanza e l'allattamento. In previsione del parto, a partire dal terzo mese di gravidanza è opportuno tenere molto idratata la pelle con una comune crema (la semplicissima Nivea va benissimo). E' consigliabile anche applicare dei prodotti elasticizzanti. Le fiale della Rilastil (Ganassini) sono molto valide anche se un po' costose. La cosa più importante è prevenire lo svilupparsi di smagliature e che la pelle perda troppa elasticità. Gli stessi accorgimenti andrebbero presi per la pancia! Dopo il parto, all'inizio dell'allattamento, non ci sono particolari accorgimenti da prendere se non tenere molto pulita la pelle dell'areola e del capezzolo ed evitare il ristagno di secrezioni o incrostazioni. Tutto ciò per evitare mastiti che, in ogni caso, potrebbero verificarsi. In questo caso non c'è comunque da preoccuparsi ed è possibile trattarle con rimedi comuni come antibiotici, spremiture e anti infiammatori.
Una volta completato lo svezzamento il seno si assesta in circa 6-8 mesi e a questo punto è possibile fare una valutazione definitiva. Ogni paziente fa storia a se. Nella migliore delle ipotesi le mammelle ritornano identiche a prima. In alcuni casi possono evidenziarsi asimmetrie di forma e volume o imperfezioni della pelle come le smagliature. Raramente le cicatrici possono scurirsi molto e rimanere tali per tanto tempo. Nei rari casi in cui le irregolarità dovessero essere davvero evidenti si può programmare una correzione chirurgica ed eventualmente la sostituzione delle protesi. Sarebbe comunque opportuno posticipare l'intervento a dopo le gravidanze per evitare di avere nuovamente problemi in futuro.
In assenza di alcun tipo di disturbo (es. seno rigido, dolore) o difetto estetico, questo referto non indica niente di preoccupante ed è anzi un riscontro piuttosto frequente. Le pretesi mammarie in gel di silicone usate nella mastoplastica additiva non sono dei "sassi" rigidi ma dei dispositivi morbidi che possono cambiare leggermente forma a seconda della posizione che si assume. Gli esami strumentali (Eco soprattutto) evidenziano spesso delle ripiegature sui profili delle protesi che sono assolutamente normali. In assenza quindi di altri problemi non c'è da preoccuparsi. Il fatto che il referto indichi questo aspetto da entrambi i lati è ulteriormente rassicurante. In caso contrario è bene rivolgersi al proprio chirurgo per una visita ed eventualmente eseguire ulteriori esami (di solito una risonanza magnetica).
La situazione non è chiarissima. Dal quadro che viene descritto sembrerebbe trattarsi esclusivamente di una contrattura caspulare, ovvero un irrigidimento delle mammelle per ispessimento della capsula peri protesica che le avvolge. Si tratta della complicanza statisticamente più incidente nella mastoplastica additiva e richiede un reintervento con rimozione della capsula e sostituzione delle protesi. Di solito gli impianti non sono rotti e quindi le protesi e i costi dell'intervento non sono coperti da alcuna garanzia.
Nel caso specifico non c'è assolutamente alcuna certezza che le protesi siano rotte. La mammografia è un esame non idoneo in questi casi. L'ecografia mammaria è una metodica invece poco accurata. La risonanza magnetica sarebbe l'esame più preciso ma richiede molta esperienza da parte del radiologo per identificare una rottura. In ogni caso un falso positivo strumentale è possibile, ovvero una protesi che appare rotta "radiologicamente", può in realtà non esserlo. Nel caso in cui durante l'intervento di sostituzione la protesi asportata sia integra, i costi sono interamente a carico del paziente.
Se invece l'impianto asportato è effettivamente rotto bisogna vedere che tipo di copertura assicurativa c'è. A seconda dei casi può essere garantita: 1) la sostituzione della sola protesi rotta; 2) la sostituzione di entrambe le protesi anche se una sola è rotta; 3) la sostituzione di entrambe le protesi e le spese di sala operatoria. Dal 2010 Allergan da quest'ultimo tipo di copertura per le sue linee di punta (Inspira e Natrelle).
Un caso simile viene trattato con una piccola, doppia asportazione dei capezzoli sovrannumerari all'interno dell'areola. L'inetervento è ambulatoriale e richiede pochi minuti in anestesia locale.
Ogni dispositivo con caratteristiche idonee ad essere impiantato deve essere dotato del marchio CE. Questo semplice requisito indica che l'impianto è di buona qualità ed è autorizzato dal Ministero della Sanità. Ogni protesi impiantata è identificata da un tagliando adesivo che viene consegnato alla paziente indicante marca e data di produzione, numero di lotto e seriale del prodotto.
Dopo così tanto tempo dall'intervento di mastoplastica additiva i motivi per cui un seno può deformarsi possono essere diversi e dipendono da tanti fattori tra cui tipo e sede di posizionamento della protesi, tipo di vita e attività condotta dalla paziente, eventuali traumi intercorsi. In linea assolutamente generale i motivi principali di modificazione della forma possono essere: 1. rotazione dell'impianto nel caso in cui si tratti di una protesi anatomica (protesi a goccia); 2. contrattura capsulare ovvero risposta infiammatoria attorno alla protesi, specie per posizionamenti retro ghiandolari; 3. rottura della protesi, evento piuttosto raro con gli impianti delle migliori marche a meno che non ci sia stato un forte traumatismo esterno, tipo un incidente stradale. In quest'iltimo caso spesso la paziente non sente assolutamente nulla e quindi il decorso è asintomatico. Talvolta possono infiammarsi i linfonodi dell'ascella, ma non sempre. Gli esami strumentali (ecografia e risonanza magnetica) possono solo orientare per una diagnosi di rottura ma non sono affidabili al 100% (sono frequenti i così detti falsi positivi o falsi negativi). La prima cosa da fare è andare dal chirurgo per fare una visita, solo uno specialista qualificato potrà valutare il caso e decidere cosa è meglio fare.
La ricostruzione mammaria post oncologica più frequentemente eseguita è l'utilizzo di protesi in gel di silicone (come quelle utilizzate a scopo estetico) dopo aver espanso sufficientemente la pelle. Viene pertanto inserito lo stesso giorno della mastectomia una protesi espandibile provvisoria che verrà nelle settimane successive gonfiata con della soluzione fisiologica (acqua) attraverso una valvola posizionata sotto pelle. La posizione dell'espansore (più o meno buona) generalemnte non comporta fastidi ma può eventualmente influire sul risultato estetico finale. Ciò che può dare fastidio invece è una velocità di espansione troppo elevata con sedute ripetute e volumi di riempimento alti (scelta talora adottata da alcuni chirurghi). In realtà molto più spesso i fastidi che si possono avere a livello ascellare e del braccio sono correlati con i frequenti svuotamenti ascellari linfonodali associati alla mastectomia. Questi disturbi dovuti all'alterazione del circolo linfatico migliorano nel tempo e con i massaggi.
Il tempo di assestamento delle protesi può arrivare anche a 3-6 mesi. Tuttavia il risultato dopo mastoplastica additiva dovrebbe essere soddisfacente da subito. In realtà non si assiste ad una vera "discesa" delle protesi quanto ad un miglioramento del seno in termini di naturalezza. Nelle prime settimane dopo l'operazione le mammelle sono infatti un po' più piene nella parte superiore con un aspetto un po' innaturale. Nelle settimane successive il polo superiore si ammorbidisce e il seno si "adagia" leggermente in basso, ma le protesi in realtà si muovono pochissimo.
Il fenomeno che viene descritto in termini tecnici si definisce rippling e consiste nella comparsa di alcune pieghette sulla pelle dovute ad una ripiegatura interna della protesi. Queste pieghe nei casi più lievi sono solo palpabili ma in quelli più gravi possono essere anche viste. Il difetto è piuttosto frequente nelle donne magre nella parte più laterale dell'impianto e può manifestrasi anche abbastanza precocemente (dopo 6-8 mesi dall'intervento) soprattutto se si perde ulteriormente peso o si hanno delle gravidanze che lasciano una mammella ancor più asciutta e poco tonica. Qual'ora il fenomeno si manifesti a distanza di anni è probabile che vi sia anche una componente più o meno marcata di contrattura capsulare ovvero un restringimento del normale rivestimento che crea l'oragnaismo attorno all'impianto (la capsula appunto). Quando la capsula si inspessisce la protesi viene compressa e deformata e alcune pieghe possono essere visibili esternamente. Per rispondere quindi alla domanda, essendo trascorsi ormai quasi dieci anni dall'intervento è consigliabile sostituire le protesi ma, come spiegato, non è detto che il problema non si ripresenti precocemente. In quest'ultima sfortunata ipotesi è comunque possibile attenuarne la visibilità con un lipofilling, tecnica di riempimento con il proprio grasso.
Il tempo di recupero dopo la mastoplastica additiva, indipendentemente dal piano di alloggiamento delle protesi, è di circa 1 mese. Questo significa che trascorso questo tempo le protesi sono solitamente stabili e "fissate" nella giusta posizione, le ferite sono guarite da un pezzo e le cicatrici sono molto resistenti. Qualsiasi fastidio residuo dopo l'intervento è in genere ormai scomparso. In questi termini è possibile riprendere qualsiasi tipo di attività "normale", compresa l'attività sessuale. Per quanto riguarda invece il fatto di non destare sospetti il discorso è più complicato. La cicatrice può rimanere arrossata anche 6 mesi o più e durante questo tempo è piuttosto visibile. Inoltre le mammelle almeno i primi mesi hanno una consistenza un po' rigida che impiega qualche tempo a diventare più naturale.
E' difficile dare una risposta precisa che si adatti alla grande varietà di condizioni clincihe di una paziente candidata alla ricostruzione mammaria con protesi in silicone dopo espansione. In linea di massima, se la paziente non ha eseguito radioterapia adiuvante sulla mammella operata, l'espansione procede piuttosto rapidamente perchè i tessuti sono piuttosto elastici e "dilatabili". L'espansore mammario può essere collocato direttamente il giorno della mastectomia (in una tasca retro muscolare) e si parla in questo caso di ricostruzione immediata. Alternativamente può essere inserito in un secondo tempo con un ulteriore intervento della durata di circa un'oretta e si parla in questo caso di ricostruzione differita. Trascorsi quindici giorni dall'operazione iniziano le espansioni che normalmente vengono eseguite con sedute ambulatoriali di pochi minuti ogni 7-15 giorni a seonda dei casi. I volumi di riempimento per ogni seduta sono variabili da caso a caso e vanno mediamente da 30 a 80cc. Il volume di riferimento per l'espansione è sempre quello della mammella sana e logicamente più questa è piccola e minori saranno i tempi per l'espansione. In modo estremamente semplificativo, per una seconda misura si possono prevedere tempi di circa 45gg mentre per una quarta ci possono volere anche tre mesi o più. Una volta raggiunto il volume definitivo (che è sempre un po' maggiore della mammella sana per avere una cute più morbida) si attendono normalmente altri 15-20 giorni prima di inserire la protesi definitiva con un intervento di circa mezz'ora. Nel caso in cui la paziente stia ancora facendo la chemioterapia al termine dell'espansione, si aspetta almeno un mese dal termine della chemio e dopo, aver fatto degli esami di controllo, si può andare in sala operatoria. La ricostruzione mammaria può venire perfezionata dopo alcuni mesi con la ricostruzione del complesso areola capezzolo e con dei lipofilling di rifinitura.
Gli aumenti del seno con lacido ialuronico (Macrolane©) sono possibili ma veramente indicati solo per piccoli incrementi (mezza taglia). Questa limitatezza è dovuta al fatto che il trattamento per volumi maggiori è abbastanza costoso (qualche migliaio di euro) e comunque di durata limitata. Ciò comporta una certa dipendenza dal ripetere le iniezioni a distanza di 12 mesi. Inoltre lutilizzo di acido ialuronico altamente cross linkato (molto denso quindi) è ancora relativamente giovane e in taluni casi si sono manifestate migrazioni e accumuli poco piacevoli di prodotto noti come uova di rana di cui è difficile prevedere e prevenire la formazione. In sintesi, richiedendo un discreto aumento e partendo da un seno abbastanza piccolo non è molto indicato (né per la qualità del risultato, né per la durata, né per i costi complessivi da sostenere) un impianto di Macrolane. E' molto più sensato ricorrere ad una classica mastoplastica additiva, magari con una piccola protesi, ma che da un risultato sicuramente gradevole e stabile nel tempo.
Il problema può essere dovuto ad una eccessiva asportazione di tessuto ghiandolare con conseguente sviluppo di aderenze cicatriziali tra areola e muscolo pettorale. In questi casi il trattamento risolutivo è di solito una attenta liposcultura pettorale attorno allinfossatura e un autotrapianto del tessuto adiposo prelevato (lipofilling) per colmare il difetto dietro lareola e liberare le eventuali aderenze. Loperazione può essere eseguita in anestesia locale e non richiede più di unora di tempo.
Dopo un www.glaucoma.org.il di mastoplastica additiva www.glaucoma.org.il applicata una compressione al seno per prevenire/contenere eventuali sanguinamenti o accumuli di siero nella tasca entro cui sono alloggiate le protesi. Per questo motivo normalmente viene applicata per 3-5 giorni una fasciatura attorno al torace. Trascorso questo periodo ci si dedica al mantenimento delle protesi nella loro corretta sede per il periodo necessario a far consolidare la capsula protesica e, nel caso di protesi teturizzate, a far "fissare" la superficie dell'impianto alla stessa capsula. A questo scopo si utilizza un reggiseno specifico in cotone elasticizzato che mantenga la forma delle mammelle e la posizione delle protesi. Vi sono molti produttori che offrono prodotti dedicati estremamente validi ma spesso un semplice reggiseno elasticizzato ad allacciatura anteriore di tipo sportivo è sufficiente allo scopo (purchè non abbia il ferretto). Nel caso siano state inserite delle protesi anatomiche, il mantenimento degli impianti nella posizione corretta richiede l'utilizzo di una fasciatura trasversale aggiuntiva da applicare nella parte superiore del torace. Alcuni modelli di reggiseno hanno una fascia incorporata ma, ancora una volta, una semplice fascia di 8-10cm di altezza reperibile in una comune sanitaria serve ugualmente allo scopo. E' molto importante indossare sia il reggiseno che la fascia giorno e notte per l'intero periodo indicato dal medico (generalmente 4 settimane) salvo brevi periodi per l'igiene personale e il lavaggio degli indumenti.
La mastoplastica riduttiva consiste nella riduzione del volume mammario asportando sia tessuto ghiandolare che tessuto adiposo. La ghiandola mammaria residua ha poca tendenza ad accrescersi negli anni successivi salvo (temporaneamente) in caso di gravidanza. Il grasso rimasto invece può aumentare di dimensioni esattamente come qualsiasi altra parte del corpo nel caso in cui si ingrassi. Le mammelle possono così aumentare anche in modo significativo e in rari casi potrebbe essere necessario un nuovo intervento di riduzione. Diverso è invece il discorso nel caso in cui le mammelle scendano per gravità, cosa non infrequente per un semplice fenomeno di invecchiamento. In questi casi può rendersi necessario dopo diversi anni risollevare il seno con un intervento di mastopessi, senza riduzione del volume.
La perdita di peso per una dieta o un intervento chirurgico può comportare lo svuotamento e la discesa delle mammelle soprattutto dopo i 40 anni quando il volume della ghiandola diminuisce e viene sostituito da tessuto adiposo, sensibile appunto alle variazioni di peso. L'intervento correttivo è in questo caso quello di mastopessi. E' difficile stabilire senza una visita pre operatoria se sia necessario ricorrere o meno ad una protesi. Bisogna tenere a mente che con l'intervento di mastopessi il seno perde di solito mezza taglia poichè i tessuti vengono compattati in un volume minore. Quindi si può fare una prova: se con un reggiseno non imbottito (che semplicemente solleva le proprie mammelle) si è soddisfatti di un po' meno del volume raggiunto allora può in linea di massima essere sufficiente solo l'intervento di mastopessi. Se, viceversa, il volume raggiunto è scarso bisogna ricorrere ad una protesi.
No la sensibilità non viene alterata poiché lincisione è molto piccola (circa 1cm) e collocata affianco al capezzolo.
In considerazione della sua età, degli interventi subiti e della sua motivazione è probabilmente possibile ricostruire il seno anche dopo 20 anni dalla mastectomia. Si tratterebbe di una così detta ricostruzione mammaria differita. Dai pochi elementi a disposizione è difficile dire che risultati potrebbero essere raggiunti e con quali e quanti interventi. In linea di massima comunque è possibile eseguire la ricostruzione con una tecnica base che prevede limpianto di una protesi mammaria dopo lespansione cutanea con un espansore. Ciò ammesso che lei non abbia al tempo fatto radioterapia o che almeno non siano presenti infiammazioni coniche della pelle in conseguenza di essa. In questo caso sarebbe necessario ricorrere ad un lembo cutaneo ossia al trasferimento di tessuto da unarea donatrice (generalmente la pancia o la schiena) al torace.
Come già spiegato in questa pagina, la mutuabilità dellintervento nel caso di una malformazione è data dalla presenza o meno di un problema funzionale. La mammella tuberosa è di per se una malformazione con significato esclusivamente estetico. Infatti, tutte le funzioni della mammella come organo sono conservate ed possibile avere una gravidanza ed allattare. Caso di verso è quello in cui alla mammella tuberosa sia associata una agenesia (assenza congenita) della ghiandola mammaria e/o del muscolo pettorale, quadro definito come Sindrome di Poland. In questo caso è chiaro come lassenza di una ghiandola o di un muscolo costituiscano un problema funzionale affrontabile a carico del SSN. In altre parole, ai fini della mutuabilità, la mammella tuberosa pura nella chirurgia del seno è lequivalente di un brutto naso aquilino (senza problemi respiratori) nella chirurgia del naso.
La correzione del capezzolo introflesso comporta sempre la sezione di un numero variabile di dotti galattofori, la cui brevità è proprio responsabile del collasso del capezzolo. La capacità di allattare è perciò sempre ridotta e in alcuni casi viene definitivamente persa.
La mastoplastica additiva può essere eseguita utlizzando diversi tipi di anestesia. Da molti anni ormai quasi ogni chirurgo utilizza un tipo di anestesia "mista" fatto da una parte di anestsia locale (punture e/o infiltrazione di soluzione anestetica nel seno ed intorno ad esso) a cui si aggiunge una componente di competenza dell'anestesita. Quest'ultima può avere diversi livelli di profondità. Il più basso livello anestesiologico è la semplice ansiolisi/sedazione in cui la paziente è sveglia o leggermente assonnata (ma tranquilla e rilassata) e respira spontaneamente. In questo caso non si sente dolore ma si può avere qualche ricordo dell'intervento. Un livello di profondità maggiore è la narcosi leggera in cui la paziente è addormentata, non respira spontaneamente ma viene ventilata da una macchina. La paziente viene intubata (cioè viene assistita da un tubo di ventilazione posizionato dentro la trachea) o, preferibilmente ventilata con una maschera laringea ossia con un dispositivo più superficiale posizionato in gola che non da alcun bruciore al risveglio. La presenza della componente di anestesia locale fatta dal chirurgo consente un livello di addormentamento molto superficiale che consente tempi di risveglio e recupero post operatori brevissimi compatibili con un ricovero in day surgery.
In linea di massima la narcosi leggera (cioè una piccola anestesia generale) è preferita da pazienti e chirurghi perchè consente di lavorare con più tranquillità e senza significative variazioni di pressione durante l'intervento. Tuttavia l'intervento in sedazione (cioè a paziente teoricamente sveglio) è una scelta praticabile.
No, l'intervento è praticamente indolore. La ricostruzione dellareola e del capezzolo è lintervento di completamento del percorso di ricostruzione mammaria post oncologica. Una volta ricreato il seno asportato (con la tecnica di espansione e protesi o con un lembo cutaneo) è opportuno ricostruire anche il complesso areola-capezzolo per non lasciare cieca la mammella. Il capezzolo viene normalmente ottenuto con dei piccoli lembi locali di pelle utilizzando le preesistenti cicatrici della mastectomia mentre lareola, a seconda dei casi e delle preferenze delle pazienti, può essere ricreata con un tatuaggio o con un innesto cutaneo prelevato dalla piega inguinale con un piccolo taglietto che non lascia praticamente alcun segno.
Nelle takeoutgrocery.ca con diametro areolare sufficiente (maggiore di 3 cm) è possibile scegliere se fare il taglio nel bordo inferiore dellareola o nel solco inframammario. Dal punto di vista squisitamente estetico non vi sono grosse differenze. Entrambe le incisioni sono lunghe circa 3.8 cm e se suturate bene ed in assenza di complicanze (infezioni e ritardo di guarigione, molto rare) lasciano cicatrici assai poco visibili. Ben inteso che la cicatrice invisibile non esiste. Ad ogni modo lincisione si maschera bene, in entrambi i casi, anche perché cade in un punto dove riesce a mimetizzarsi, nel passaggio di colore tra lo scuro della mammella e il chiaro dellareola e nellombra del solco inframammario. Per questi motivi in molti casi è possibile dopo 6-12 mesi prendere il sole in topless senza destare sospetti. Dal punto di vista tecnico non vi sono differenze in termini di complessità o tempi di esecuzione. Nellincisione dal solco inframammario lo scollamento è completamente extra ghiandolare ossia la mammella non viene minimamente toccata, mentre nellaccesso dallareola viene praticato un piccolo tunnel nella parte inferiore della ghiandola per raggiungere il piano di alloggiamento della protesi. In questo secondo caso la ghiandola viene comunque danneggiata pochissimo e conserva più del 90% della sua funzionalità. Ovviamente entrambe le tecniche sono pienamente compatibili con gravidanza e allattamento. Per quanto riguarda infine la sensibilità, pur essendo piuttosto rari difetti di sensibilità cutanea permanenti dopo un intervento di mastoplastica additiva, non è chiaramente documentata una differenza di incidenza fra le due tecniche. La scelta quindi dipende principalmente dai gusti della paziente tenendo comunque bene a mente che, in ogni caso, la cicatrice rimarrà sempre coperta da qualsiasi bikini indosserà, per quanto piccolo.
L'unica possibilità per eseguire un intervento di simmetrizzazione delle mammelle in Ospedale è che vi sia, ben documentata, una malformazione/menomazione congenita. Nel caso specifico dovrebbe trattarsi di una agenesia (assenza totale) della ghiandola mammaria e/o del muscolo pettorale. Questa malformazione, che può essere anche abbastanza complessa, viene chiamata sindrome di Poland. La ricostruzione mammaria, oltre che l'inserimento di una protesi, può comprendere procedure complicate di trasferimento di muscoli dalla schiena, espansione cutanea e rimodellamento della mammella controlaterale.
In tutti gli altri casi l'intervento è puramente con finalità estetiche e quindi non mutuabile.
La mastoplastica riduttiva è un intervento di chirurgia estetica che viene normalmente eseguito in libera professione e quindi a pagamento. In rari casi di gigantomastia gravissima, se è documentato chiaramente un problema di salute causato dal volume e dal peso delle mammelle, l'intervento può essere eseguito in ospedale. In questi casi è necessario dimostrare inequivocabilmente con un iter ospedaliero un problema quale un grave vizio posturale e/o una artrite toraco-cervicale o un problema dermatologico. E' bene ricordare che nei casi così detti "mutuabili" il paziente non può scegliersi il chirurgo.
Laumento estetico del seno con tecnica del lipofilling è una procedura molto discussa e contestata per diversi motivi. In primo luogo per raggiungere un volume che consenta un aumento minimo di una taglia è necessario ottenere un impianto stabile di 150 cc di grasso almeno, per mammella. Poiché il grasso innestato attecchisce solo in minima parte (tra il 30-50%) per ottenere laumento minimo di una taglia sarebbe necessario prelevare almeno 600cc di grasso (per le due mammelle), la qual cosa non è sempre facile in pazienti magre. Inoltre tale procedura richiederebbe diversi interventi (3-5) poiché, considerata la ristretta area di innesto, oltre un certo volume di grasso iniettato la probabilità di attecchimento si riduce notevolmente. Lultima e più importante ragione è che diversi recenti studi dimostrano che il grasso innestato può andare incontro a fenomeni di calcificazione che, in regione mammaria, possono indurre falsi positivi radiologici per neoplasie (ossia possono far credere erroneamente che ci sia una lesione tumorale in una mammella sana, durante una mammografia o unecografia mammaria). Se quindi il lipofilling trova una valida applicazione in ricostruzione mammaria post oncologica la sua applicazione in chirurgia estetica è molto discussa.
Non esistono leggi in tal senso ma esclusivamente regole dettate dal buon senso e dallesperienza di ogni singolo chirurgo. In linea di massima la mastoplastica additiva retromuscolare è generalmente meno traumatica e il sanguinamento abbastanza scarso. In questi casi si può con maggiore tranquillità evitare di mettere il drenaggio. Nelle mastoplastiche additive retromuscolari i rischi di sanguinamento sono maggiori per cui è più frequente ricorrere a drenaggi per alcuni giorni. Come vede però non cè una regola assoluta ma la scelta dipende principalmente dallesperienza e dalle abitudini del chirurgo. Operatori più veloci possono essere più traumatici e quindi fare un intervento rapido ma con maggiore sanguinamento e quindi possono optrare per idrenaggi. Altri chirurghi sono invece un po più lenti ma molto più accurati e meno traumatici e quindi usano meno i drenaggi. Tuttavia esistono colleghi che sono calmi, accurati, poco traumatici ma usano comunque i drenaggi semplicemente per ridurre al minimo il rischio di complicanze a breve termine (ematomi, sieromi). In ogni caso è bene tenere a mente che la presenza del drenaggio è ininfluente sul risultato finale. Tenerli per uno due giorni è un disagio minimo, la rimozione è indolore e non lasciano cicatrici visibili. Limportante è che il chirurgo cui ci si affida, qualsiasi siano le sue scelte, abbia un basso tasso di complicanze (e buoni risultati!).
La rottura di una protesi mammaria è un evento abbastanza raro. In condizioni "normali" un impianto non si rompe praticamente mai anche sotto le più intense e prolungate solleciatazioni meccaniche. Un importante fatto traumatico recente al torace (es. un incidente stradale o una caduta accidentale) seguito da dolori intensi e prolungati al seno e/o rossore gonfiore possono far sospettare la rottura dellimpianto. Più raramente il decorso può essere privo di segni e sintomi. La rottura di una protesi senza causa traumatica è dovuta ad errori di fabbrica ma è un eventualità quasi impossibile poiché i principali produttori di impianti adottano controlli di qualità molto accurati. Per la diagnosi di certezza è necessario eseguire una risonanza mammaria che consente di studiare molto bene lintegrità dellinvolucro della protesi ed identificare eventuali fuoriuscite di gel. Se la rottura della protesi è accertata è necessario sostituirla. Attraverso la stessa incisione del primo intervento viene sfilato limpianto rotto, viene pulita accuratamente la tasca di alloggiamento (passaggio questo non sempre agevole soprattutto con protesi in gel morbido) e viene inserita una nuova protesi identica alla precedente. Per poter avere a disposizione in sala la nuova protesi è sempre indispensabile conservare i codici identificativi dei primi impianti che, per legge, devono essere consegnate alle pazienti il giorno dellintervento.
Assolutamente no! Si tratta in effetti di una leggenda metropolitana priva di fondamento. Gli impianti moderni sono studiati per resistere perfettamente a tutte le sollecitazioni fisiche di una vita normale e viaggiare in aereo o fare unimmersione rientrano fra queste condizioni. A maggior ragione il rischio in aereo è totalmente inesistente poiché i velivoli sono pressurizzati.
E difficile dare una risposta sintetica a questa domanda. Non è possibile stabilire in modo assoluto la durata in termini qualitativi di una mastoplastica additiva. Vanno valutati caso per caso quali sono i fattori che favoriscono un risultato duraturo. Il primo fattore da considerare è letà nel senso che minore è letà della paziente migliore è la qualità della pelle e la sua elasticità. Una paziente più giovane avrà una pelle che reagirà bene allaumento di volume senza perdere tono o smagliarsi. Il secondo fattore da considerare è il volume degli impianti scelti. Più grande è la protesi, maggiore è il suo peso e maggiore sarà di conseguenza il peso finale della mammella. Il peso x la forza di gravità x il tempo determina la caduta del seno, più o meno rapida ma comunque inevitabile. Scegliere protesi di volume medio-piccolo (massimo 280-320cc) riduce notevolmente il rischio di una discesa prematura delle mammelle. Viceversa, volere un seno molto voluminoso e senza compromessi (protesi 4-500cc) può riservare sgradevoli sorprese negli anni. Il terzo fattore e forse il più importante sono le gravidanze. Gravidanza e allattamento costituiscono un fattore di rischio per cambiamenti del seno a prescindere dal fatto che esso sia naturale o meno. Tengo a ribadire che trattasi solo di fattore di rischio e non di certezza di cambiamento. Al termine dellallattamento le mammelle possono rimanere di un volume inferiore (più spesso), maggiore o, se si è fortunate, dello stesso volume di prima ma possono comunque formarsi delle smagliature e il seno può perdere un po di tono e scendere verso il basso. Ben inteso che la mastoplastica additiva è perfettamente compatibile con la gravidanza e lallattamento, ma un conto è leventualità di una o due maternità dopo lintervento, un altro discorso è avere intenzione di avere 3 o più figli. Il rischio di un cambiamento in questo caso è significativo e conviene posticipare lintervento a dopo le maternità o accettare leventualità di una revisione successiva.
Dal punto di vista dei materiali le moderne protesi in gel di silicone sono garantite diverse migliaia di anni nel senso che in condizioni ideali di temperatura, umidità, pressione, etc.., gli impianti sono completamente inerti e quindi stabili nel tempo. In condizioni di vita normale e in assenza di difetti di fabbrica (incidenza questultima effettivamente bassissima) impianti di buona qualità non necessitano di sostituzione e quindi non esiste una data di scadenza.
La mastoplastica additiva non comporta alcuna variazione di temperatura cutanea. La possibilità che il seno diventi freddo dopo un intervento di mastoplastica additiva è di fatto una leggenda metropolitana. Negli aumenti maggiori (con protesi >400 cc) e con pelli molto sottili si può avere una certa tensione cutanea accompagnata da una sensazione di mammella più fresca. In questi rari casi si tratta in effetti di una semplice sensazione soggettiva delle pazienti senza una variazione effettiva della temperatura.
In ogni caso si. Indipendentemente dal fatto che la protesi venga collocata dietro alla ghiandola o dietro al muscolo grande pettorale la presenza della protesi non disturba la ghiandola mammaria. In funzione della sede di incisione cutanea vi è invece una live differenza sulla capacità di allattamento. L'incisione inframammaria (dal solco) permette di eseguire uno scollamento completamente extra ghiandolare, ossia senza toccare minimaente la ghiandola mammaria che è così preservata al 100%. Nel caso di un'incisione emiareolare invece è necessario attraversare la ghiandola per raggiungere il piano di alloggiamento della protesi e pertanto qualche dotto mammario viene sezionato e alcuni lubuli ghiandolari vengono per così dire "tagliati fuori". Va peraltro detto che in questo caso buona parte della ghiandola viene comunque risparmiata ed è in grado di compensare ampiamente la produzione lattifera. Questa dieferenza resta pertanto solo teorica ed in ogni caso l'allattamento è possibile.